L’obelisco, di origine egiziana e ripreso dai romani, è stato il primo grande monumento metafisico astratto della storia religiosa e artistica: dedicato al Dio Sole era una lancia innalzata al cielo, un ponte ideale tra cielo e terra, un raggio di pietra.
Nell’obelisco creato da Abbaldo e Albertelli, con pregiata roccia di ardesia, in cima al quale sorge una quercia in bronzo ossidato, il monumento rivive come una “fede” nuova e antica nello stesso tempo, quella nell’albero, inteso come simbolo della Natura stessa, ciclo vitale di rigenerazione (la quercia è albero sacro di lunga vita presso molti popoli).
In un momento in cui la Terra rischia di collassare a causa della dissennatezza umana, tornare a una sorta di devozione e cura verso ciò che concretamente ci permette di vivere è un obbiettivo che dovrebbe unire tutte le genti di tutte le etnie, tradizioni e convinzioni.
Questa sensibilità che si fa opera deriva dalla pratica costante che gli artisti, gli scultori in particolare, hanno dei materiali e degli elementi della natura, trattati con tecniche tradizionali e moderne.
La matrice dell’Arte Povera, a cui risale la formazione di Albertelli e Abbaldo, artisti e architetti, assume qui una rinnovata evoluzione nello stare a contatto, esplorare, plasmare, la materia prima per trasformarla in progetto non solo oggettuale ma ambientale, unendo una sofisticata tecnica di modellamento dell’acciaio con il laser all’uso della pietra pura, l’ossidazione naturale degli elementi atmosferici crea l’osmosi finale, naturalizzando l’artificio estetico.