Il Passo delle Balene, 2020
"L’installazione delle balene è un progetto che ho sempre immaginato in grandi parchi perché trasforma la linea di orizzonte con la profondità immaginaria di ciò che non si vede. I dorsi delle balene appoggiati sul prato affiorano dalla terra. Il ritmo degli sbuffi e dei sibili differenti tra loro, improvvisi, attraversano in diagonale: evocano il respiro, il percorso pacato di vive presenze seminascoste. E’ uno spazio per un immaginario fuori dalle regole degli abituali percorsi"
Nel 1999 iniziammo a rappresentare un sogno, un passaggio di balene in un parco urbano. Dopo 20 anni il sogno si realizza e Il parco è nel centro della nostra città: i Giardini Reali.
Il progetto è ripartito nel 2019 e dopo un’intensa ricerca che ha compreso anche un viaggio dall’altra parte del mondo, si è arricchito di significati e di un nuovo segno scritto a terra.
Lo stesso disegno a spirale si materializza durante il “Bubble Net Feeding”, la tecnica di caccia attuata dalle balene con il loro movimento sincronizzato per ottimizzare lo sforzo necessario a cibarsi, riunendo crill e banchi di pesci in una aerea circoscritta.
Così, con un gioco di diversi livelli del taglio del manto erboso, è riprodotto in scala reale e in modo minimale il disegno della spirale sulla quale poggeranno le parti affioranti delle sculture.
I getti con l’acqua in pressione generano diversi suoni o sibili con aperture a intervalli casuali che evocano il respiro delle balene.
Quest’opera è pensata come un lavoro di Land art da collocarsi su un manto erboso che idealmente si sostituisce al mare. Si tratta della rappresentazione di un passaggio, un passo particolare quello delle balene delle quali impressiona lo sguardo, la vicinanza con l’uomo, nonostante ne siano preda.
Quando le guardi dalla barca vedi affiorare solo parti che preludono ad una presenza immaginaria che porta con sé non solo le sue reali dimensioni, ma anche un mito trasversale ad ogni umana cultura.
Le megattere che abbiamo incontrato a Tonga durante le immersioni, si perdevano nella profondità del mare, i dorsi scuri ricordavano un metallo, inox brunito o un bronzo patinato a fegato. Movimenti, torsioni sinuose, facevano percepire il ventre bianco striato di nero. L’impressione era quella della morbidezza di un marmo modellato. Il lavoro si sviluppa seguendo una declinazione decostruttiva:
Il pigmento scuro del dorso diventa materia indipendente, corazza aerea forte e fragile al tempo stesso. Ci piace confrontare questa leggerezza con il nostro lavoro relativo al taglio laser. La tecnica bidimensionale del laser si trasforma in una sorta di evoluzione plastica.
Abbiamo scelto di realizzare il finito dei dorsi con una tecnica sperimentale in grado di stampare estrudendo materiale metallico. Questa tecnica oltre ad essere innovativa risulta coerente con l’intero processo progettuale. Tutti i modellini realizzati durante il progetto sono stati stampati in 3D, a loro volta rimodellati a mano, scansionati e ristampati innumerevoli volte. L’accostamento del marmo evoca diversi pensieri, per non fermarsi alla forma dell’animale, dalla prima impressione di marmo come ventre della megattera, all’idea di iceberg come simbolo di un habitat da difendere.